mercoledì 6 aprile 2016

Homework #9

Bret Easton Ellis nel suo quinto romanzo pubblicato nel 1998, Glamorama, mette in scena lo stile di vita emblematico della cultura degli anni ’90, un modello che l’autore non condivide e perciò decide di denunciare tra le pagine del libro, narrando le peripezie del fascinoso modello Victor Ward. Victor vive una vita in cui sesso, droga ed immoralità sono la regola. È un ragazzo giocattolo, che si districa tra feste mondane, sfilate, comparse TV e paparazzate.
È Victor a raffigurare la “macchina” in Glamorama, o meglio, sono i personaggi come lui che popolano il romanzo, gente insulsa, patetica, priva di carisma e personalità, disposta a tutto per la notorietà. Il meccanismo che muove le “macchine” di Glamorama si basa su tre coordinate: bellezza-celebrità-immagine. Il protagonista, infatti, come un mantra spesso ripete: “Se sei bello, il mondo ti sembra più bello.” Lo ripete durante i vari appuntamenti con famose modelle

- Dio, Victor, - dice Alison, calma. - In questa luce, - si ferma, sinceramente commossa, -
sei bellissimo.
Alla fine trovo la forza di guardarla di traverso, e dico, - Se sei bello il mondo ti sembra
più bello.

durante le interviste rilasciate

Come fai a sapere queste cose? - chiede la ragazza di «Details».
- Se sei bello il mondo ti sembra più bello. E non ha misteri, - ansimo. - Questo è il mio
motto, ragazzotta

e ancora, nei dialoghi con il padre

Una pubblicità di CK-One. Qui sembra che ci siano due ragazzi - anche se potrebbero
benissimo essere ragazze - e sì, si stanno baciando, e tu li guardi con le mani sul davanti dei
pantaloni. Perché hai le mani sul davanti dei pantaloni? Questo gesto dovrebbe convincerci
della validità del prodotto CK-One?
- Il sesso vende, hombre.
- Capisco.
- Se sei bello il mondo ti sembra più bello.

Il mito della bellezza attorno al quale ruota la vita delle “macchine” di Glamorama,  rende i personaggi dei perfetti involucri, il cui unico valore è quello economico dei vestiti costosissimi che li ricoprono.

Jamie avvicina la testa, abbassa la voce come se avesse paura di essere sentita da
qualcuno, e io penso, «È soltanto un involucro», e qualcosa di enorme e informe vola sopra
le nostre teste nell’oscurità, resta sospeso sul cortile, e una voce dice, «Tutti voi lo siete».

L’ex organizzatore di feste di Madonna, Ronnie Davis, qualcuno di Dolce e
Gabbana, Garren (che ha fatto i capelli alle ultime sfilate di Marc Jacobs e Anna Sui) e Sandy
Gallin ci gironzolano intorno, fissandoci impassibili, come se fossimo in vendita o qualcosa
del genere, e a dire la verità lo siamo, praticamente.

Questa concezione è racchiusa in un verso di un vecchio disco degli U2 : “We’ll slide down the surface of things".

Un silenzio, vuoto e imbarazzato. Io li fisso, incapace di capire fino in fondo per via di
certi dettagli che la mia mente non riesce ad accettare, e questa mancanza di accettazione
continua a dilatarsi e guardo ogni cosa da una finestra oscurata ed è sera e nessuno mi ha
detto o mi dirà chi sono esattamente queste persone.
We’ll slide down the surface of things.
Le cose più importanti sono quelle che non sai.

I personaggi di Glamorama, infatti, scivolano sulla superficie delle cose senza intravedere profondità alcuna. Vivono esclusivamente la dimensione materialistica, misera e superficiale dell’esistenza, l’ossessione per l’apparenza, con la convinzione che solo l’esteriorità potrà renderli famosi in “un mondo in cui la bellezza è considerata un risultato” dice Ward. 
La cinepresa che riprende costantemente la scena è probabilmente frutto della mente insana del protagonista che per tutto l’arco della storia si imbottisce di dosi massicce di sedativi e antidepressivi (Xanax, Halcion), ma è anche la conseguenza di una concezione di vita costantemente vissuta sotto la luce dei riflettori.

- Ma questo è… è reale? - Mi guardo intorno, cerco tracce della presenza di cineprese, di
luci, di qualche prova nascosta che una troupe cinematografica sia passata di qui o magari si
trovi nell’appartamento accanto e mi stia riprendendo da un buco strategicamente aperto
nel muro rosso e nero.
- Cosa intende dire, Mr Ward? - chiede Palakon, - con «reale»?
- Voglio dire, tipo, siamo in un film? - chiedo, agitandomi sulla sedia. - Ci stanno
riprendendo?
- No, Mr Ward, - dice Palakon, cortese. - Questo non è un film e nessuno la sta
riprendendo.